
Mês: janeiro 2021


È possibile la fraternità umana universale con tutte le creature? Un testo di Leonardo Boff
Pubblichiamo, in esclusiva per l’Italia, la prima parte di una riflessione di Leonardo Boff, teologo brasiliano, sulla fraternità umana. Una prospettiva, quella della fraternità, lanciata da Papa Francesco nella sua ultima enciclica sociale. Un testo denso, questo di Boff, che propone una vera e propria etica della fraternità universale. La seconda parte della riflessione sarà pubblicata nei prossimi giorni.
Nell’enciclica sociale Fratelli tutti (2020) Papa Francesco presenta il suo “sogno” di una nuova umanità fondata sulla fraternità universale e sull’amore sociale (n.6), ispirato alla figura e all’esempio di san Francesco d’Assisi, il fratello universale.
Questo tema della fraternità universale è stata la preoccupazione insistente di uno dei migliori conoscitori degli ideali di Francesco di Assisi: il francese Eloi Leclerc in molte delle sue opere, specialmente nella Saggezza di un povero (Parigi 1959) e Il Sole nasce ad Assisi (Parigi 1999). Non parla in modo teorico ma da una terrificante esperienza personale. Giovane frate francese, anche se non ebreo, fu portato in Germania precipitando nell’inferno dei campi di sterminio nazisti a Buchenwald e Dachau. Ha conosciuto la banalità del male, le uccisioni compiute dalle SS per il semplice gusto di uccidere, le torture e le umiliazioni che segnavano la sua anima come ferro rovente.
Dopo la Shoah è possibile la fraternità umana?
Scosso nella fede nell’essere umano e dubitando dell’intero ideale di una fraternità umana, cercò disperatamente un raggio di luce che provenisse dal nulla. Anche dopo la sua liberazione per opera degli Alleati nel 1945, iniziò ad avere paura di ogni essere umano. Confessa: “di notte, mi svegliavo di soprassalto, il sudore colava e la mia anima si riempiva di paura; quelle immagini di orrore ritornavano sempre e mi perseguitavano; non potevo cancellarle” (p.33). E continua: “Che il Signore mi perdoni, se a volte di notte, questo vecchio che sono diventato, alza gli occhi inquieti al cielo, cercando un poco di luce” (p.31).
Caricava dentro di se i carnefici nazisti che lo perseguitavano e li suscitavano terrificanti domande sul destino umano e la sua capacità di distruggere vite indifese. Lo stesso trauma, più che psicologico, che invade e distrugge ogni essere umano dentro e fuori, è stato vissuto dal domenicano brasiliano padre Tito Alencar, che è stato barbaramente torturato dal delegato di polizia Fleury. Ha interiorizzato la sua immagine perversa in una forma tale da sentirsi sempre perseguitato da lui fino a quando, non sopportandolo più, ha posto fine alla sua vita, preferendo morire piuttosto che vivere una tortura permanente. Questa terribile esperienza è stata vissuta anche da padre Eloi Leclerc che, dopo una lunga e dolorosa riflessione, ci ha donato una piccola luce tremula indicando la possibilità di una fraternità universale, ispirata nei poverelli di Assisi.
In mezzo all’agonia: il Cantico delle Creature
È stato l’incontro con questa figura e con il suo esempio che ha fatto sì che alcuni raggi di sole apparissero nella sua anima ossessionata, facendogli sopportare le immagini dell’inferno umano. Narra di un fatto misterioso accaduto sul treno scoperto e carico di prigionieri che per 28 giorni da Buchenwald viaggiò da un luogo a un altro fino a fermarsi a Dachau, alla periferia di Monaco. C’erano tre confratelli, uno dei quali agonizzante. Nel mezzo dell’inferno irruppe qualcosa dal cielo. Senza sapere perché, mossi da un impulso superiore, iniziarono a cantare con voci quasi impercettibili il Cantico delle Creature di San Francesco. La fitta oscurità non poteva impedire la luce del Signore e del fratello Sole e la generosità della madre e della signora Terra. Nel Cantico si celebrano l’incontro dell’ecologia interiore con l’ecologia esteriore e il rapporto tra Cielo e Terra, da cui nascono tutte le cose. La domanda che sempre attraversava la sua gola: è possibile la fraternità tra gli esseri umani e con gli altri esseri della creazione? Questa esperienza tra agonia e abbaglio non potrebbe contenere un’eventuale risposta piena di speranza? Almeno si è aperto un tremulo lampo. Tale shock esistenziale lo motivò a studiare e ad approfondire quella che sarebbe stata la singolarità di questa figura assolutamente eccezionale nell’insieme delle agiografie.
La scoperta della fraternità nel volto del Crocifisso
Leclerc descrive, allora, il processo di costruzione della fraternità universale nella storia di Francesco di Assisi. Figlio di un ricco mercante di stoffe, considerato il re della gioventù dorata della città che viveva di feste e abbuffate, cominciò improvvisamente a rendersi conto della futilità di quella vita. Passava ore nella cappella di San Damiano, contemplando il volto dolce e tenero di un crocifisso bizantino. Qualcosa di simile faceva Dostoievsky: una volta l’anno viaggiava fino a Dresda in Germania per contemplare in una chiesa, per ore, la bellezza di un quadro di Maria straordinariamente sbalorditivo. Aveva bisogno di questa contemplazione per placare la sua anima tormentata. Nel romanzo I fratelli Karamasov ha lasciato questa frase stimolante: “la bellezza salverà il mondo”.
Così fu la dolcezza e lo sguardo misericordioso del Cristo bizantino che, similmente a Dostoevskij, conquistò quel giovane in profonda crisi esistenziale, cambiando il destino della sua vita. Lo convinse la fede nel Creatore che creò una fraternità fondamentale, facendo sì che tutti gli esseri, piccoli e grandi, inclusi gli umani e lo stesso Gesù di Nazareth, fossero tutti originati dalla polvere, dall’humus della Terra. Tutti hanno la stessa origine, formano una fraternità terrena.
In questo contesto di umiltà vale la pena ricordare ciò che San Paolo scriveva ai lettori della sua lettera agli Efesini: “Abbiate gli stessi sentimenti che aveva Cristo. Essendo Dio, non faceva caso alla sua condizione divina; si fece ultimo e assunse la condizione di servo per solidarietà con gli esseri umani; si presentò come un uomo semplice; si umiliò obbedientemente fino alla fine e alla morte in croce” (la più umiliante delle pene imposte ai sovversivi: Flp 2,5-8).
Alla luce di queste intuizioni, Francesco dimenticò la sua condizione di figlio di un ricco mercante, scoprì l’origine comune di tutti gli esseri, dalla polvere della terra, dal suo humus e contemplò l’umiltà di Cristo ritratto nel sereno e dolce volto del crocifisso bizantino. Siccome era concreto e risoluto in tutto ciò che si proponeva, ne trasse subito una conclusione: mi unirò solidariamente a coloro che sono più vicini al Crocifisso: i lebbrosi e con loro vivrò quello che ci fa, per la creazione, fratelli e sorelle e creerò una fraternità radicale con loro. Confessa nel suo testamento: “quella che prima mi sembrava amarezza ora emerge come dolcezza”. Conosciamo il resto della saga del Sole di Assisi come la chiama Dante nella Divina Commedia.
Tuttavia, Eloi Leclerc non si accontentò con l’esperienza illuminante del Cantico delle Creature. Una domanda angosciante non gli dava tranquillità: qual è l’ostacolo maggiore che impedisce la fraternità umana e con tutte le creature? Quale energia perversa è questa che produce i massacri e l’eliminazione sommaria di persone, considerate inferiori o subumane, come avvenne nei campi di sterminio? È giunto a questa conclusione: è la volontà di potenza.
Dove predomina il potere, non c’è né amore né tenerezza
Come aveva già percepito C.G. Jung, questa volontà di potenza costituisce l’archetipo più pericoloso dell’essere umano, perché gli dà l’illusione di essere come Dio, disponendo a suo piacimento della vita e della morte degli altri. E concludeva: “dove predomina il potere non c’è tenerezza né amore”. Quando diventa assoluto, il potere si rivela micidiale ed elimina tutti quelli che fanno sentire un’altra voce (p.30). Ora, le nostre società storiche (con l’eccezione dei popoli originari) sono strutturate intorno alla volontà del potere-dominio e di sottomissione di tutto ciò che si presenta: l’altro, i popoli, la natura e la vita stessa. Egli introduce la grande divisione tra quelli che hanno potere e quelli che non l’hanno.
Finché prevarrà il potere-dominio come asse strutturante di tutto, non ci sarà mai fraternità tra gli esseri umani e con il creato. Poiché quest’archetipo è umano, è latente dentro ciascuno di noi. In noi si nascondono un Hitler, uno Stalin, un Pinochet e un Bolsonaro. Lo stesso Leclerc confessa: “Mi sono sentito risvegliare in me stesso, la bestia assetata di vendetta” (p.32). Dobbiamo mettere sotto un severo controllo questa figura funesta che vive in noi, se vogliamo mantenere la nostra umanità. Se ci consegniamo alla seduzione del potere-dominio, rompiamo tutti i legami e l’indifferenza, l’odio e la barbarie possono occupare l’intero spazio della coscienza, come sta accadendo in diversi paesi del mondo, specialmente tra noi in Brasile. Allora emergono le sinistre figure, persino necrofile, menzionate.
Questo fatto drammatizza ulteriormente la domanda audacemente proposta da Papa Francesco in Fratelli tutti: l’urgenza della fraternità universale e dell’amore senza frontiere. Saranno possibili o costituiscono una mera e santa ingenuità? O forse sia un appello tra disperante e speranzoso, comprensibile di fronte a quanto più volte ripetuto da Papa Francesco: “O ci salviamo tutti o nessuno si salva”. Può darsi che ci sia offerta dalla Terra stessa, chissà, dall’universo stesso, una definitiva chance: o cambiamo e così ci salveremo o la Terra continuerà a girare intorno al sole, ma senza di noi.
Due anni fa, nel febbraio 2019, Papa Francesco, in visita negli Emirati Arabi Uniti, firmò ad Abu Dahbi un importante documento con il Grande Imam Al Azhar Amad Al-Tayyeb “Sulla fraternità umana in favore della pace e della comune convivenza”. In seguito, l’ONU ha stabilito il 4 febbraio come la Giornata della fraternità umana.
Sono tutti sforzi generosi che mirano, se non a eliminare, almeno a minimizzare le profonde divisioni che prevalgono nell’umanità. Aspirare a una fraternità universale sembra essere un sogno lontano, ma sempre desiderato.
Il grande ostacolo alla fraternità: la volontà di potere
L’asse strutturante delle società mondiali e del nostro tipo di civiltà è la volontà di potere come dominio, chiaramente presente nei padri fondatori della modernità nel XVII secolo, Decartes, Francis Bacon e altri.
Non ci sono dichiarazioni sull’unità della specie umana e della fraternità universale, né la più nota Dichiarazione dei Diritti Umani del 1948 dell’ONU, arricchita dei diritti della natura e della Terra, che riescono a imporre limiti alla voracità del potere.
La sua ragione è acutamente denunciata da Thomas Hobbes nel suo Levitan (1615): “Indico, come tendenza generale di tutti gli uomini, un desiderio perpetuo e irrequieto di potere e più potere che cessa solo con la morte; la ragione di ciò sta nel fatto che il potere non può essere garantito se non cercando ancora più potere ”. Gesù fu una vittima di quel potere e fu assassinato giudizialmente sulla croce. La nostra cultura moderna ha padroneggiato la morte, perché con la macchina di sterminio totale già creata, può eliminare la vita sulla Terra e se stessa. Come controllare il demone del potere che ci abita? Dove trovare la medicina?
Rinuncia a tutto il potere mediante un’umiltà radicale
Qui San Francisco ci ha aperto una strada: la rinuncia a tutto il potere attraverso l‘umiltà radicale e la pura semplicità. L’umiltà radicale implica porsi insieme all’humus, alla terra, dove tutti s’incontrano e si fanno fratelli e sorelle perché provengono tutti dallo stesso humus. Il cammino per questo consiste nello scendere dal piedistallo, dove ci collochiamo come signori e proprietari della natura e operare un radicale spogliamento di qualsiasi titolo di superiorità e potere. Consiste nel farsi veramente poveri, togliendo tutto ciò che si frappone tra l’io e l’altro. Là si nascondono gli interessi. Questi devono essere allontanati poiché sono ostacoli all’incontro con gli altri, occhi negli occhi, a faccia a faccia, con le mani vuote per abbracciarci come fratelli e sorelle, non importa quanto siamo diversi.
La povertà non rappresenta alcun ascetismo. È il modo che ci fa scoprire la fraternità, tutti insieme sullo stesso humus, sulla sorella e madre Terra. Quanto più povero, tanto più fratello del Sole, della Luna, del miserabile, dell’animale, dell’acqua, della nuvola e delle stelle.
Francesco ha calpestato umilmente questa strada. Non negò le origini oscure della nostra esistenza, l’humus (da cui deriva homo in latino) e in questo modo fraternizzò con tutti gli esseri, chiamandoli con il dolce nome di fratelli e sorelle, persino il feroce lupo di Gubbio.
Un altro tipo di presenza nel mondo
Abbiamo a che fare con una nuova presenza nel mondo e nella società, non come chi immagina che la corona della creazione sia in cima a tutti, ma come chi è allo stesso livello e insieme agli altri esseri. Attraverso questa fraternità universale il più umile ritrova la sua dignità e la sua gioia di essere, sentendosi accolto e rispettato e per avere il suo posto garantito nell’insieme degli esseri.
Leclerc ripete ostinatamente la domanda, come se non fosse del tutto convinto: “Sarà che è possibile la fraternità tra gli esseri umani?”. Lui stesso risponde: “È possibile solo se l’essere umano si pone con grande umiltà, tra le creature, all’interno di un’unità della creazione (che comprende l’essere umano e la natura nel suo insieme) e nel rispetto di tutte le forme di vita, anche le più umili; allora lui potrebbe sperare un giorno di formare una vera fraternità con tutti i suoi simili. La fraternità umana passa per questa fraternità cosmica” (p.93).
La fraternità è accompagnata dalla semplicità. Questa non è un atteggiamento banale. Si tratta di un modo di essere, rimuovendo tutto ciò che è superfluo, tutti i tipi di cose che andiamo accumulando, che ci rendono ostaggi, creando disuguaglianze e barriere contro gli altri, impedendoci di convivere in solidarietà con loro e di vivere con il sufficiente, condividendolo con gli altri.
Questo percorso non fu facile per Francesco. Si sentiva responsabile per il cammino della radicale povertà e fraternità. Al crescere, a migliaia, del numero di quanti lo seguivano, s’impose la necessità di un’organizzazione minima. C’erano bellissimi esempi del passato. Francesco aveva una vera antipatia per questo. Arriva a dire: “Non parlatemi delle regole di Santo Agostino, di San Benedetto o di San Bernardo; Dio voleva che fossi un nuovo pazzo in questo mondo (novellus pazzus)”. È la chiara affermazione dell’unicità del suo modo di vita e del suo stare nel mondo e nella Chiesa, come un semplice laico, in mezzo e insieme ai poveri e invisibili e non come un chierico della potente Chiesa feudale.
La grande tentazione di San Francesco
Tuttavia, a un certo punto della sua vita, entrò in una crisi travolgente, poiché vide che il suo cammino evangelico di radicale povertà e fraternità stava essendo spazzato via dai suoi stessi seguaci. Profondamente sopraffatto, si ritirò in un eremo e nei boschi, per due lunghi anni, accompagnato dal suo intimo amico fra Leone “la pecorella di Dio”. È la grande tentazione cui le biografie danno poca rilevanza, però essenziale per comprendere l’unicità della proposta di Francesco.
Infine, si spoglia di questo istinto di possesso spirituale. Accetta un cammino che non è il suo, ma che era inevitabile. Dove dormiranno i frati? Come si sosterrebbero? Preferisce salvare la fraternità piuttosto che il proprio ideale. Accoglie con letizia la logica ferrea della necessità. Già non pretende più nulla. Si è spogliato totalmente persino dei suoi desideri più intimi, nonostante fosse, come scrisse il suo biografo San Bonaventura, un vir desideriorum (un uomo dei desideri).
Ora, completamente spogliato del suo spirito, si lascia guidare da Dio. Lo Spirito sarà il padrone della sua vita e del suo destino. Lui stesso non si propone altro. Sta alla mercé di ciò che la vita gli chiede, vedendola come volontà di Dio. In ciò sente la massima libertà di spirito possibile, che si esprime in una gioia sfrenata al punto da essere chiamato “il fratello sempre allegro”. Non occupa più il centro. Il centro è la vita guidata da Dio. E questo basta.
Ritorna tra i confratelli e ritrova la convivialità e la piena gioia di vivere. Ma seguendo la chiamata dello Spirito, come all’inizio, torna a convivere con i lebbrosi, che chiama “i miei cristi” in profonda comunione fraterna. Non abbandona mai la comunione profonda con sua sorella e Madre Terra. Quando muore, chiede di essere collocato nudo sulla Terra per l’ultima carezza e la comunione totale con lei.
(Continua)
(Traduzione dal Portoghese di Gianni Alioti)
O proto facismo brasileiro e seu ¨Duce” e “Führer” de araque
Estamos vivendo num momento trágico de nossa história nacional. Tivemos regimes autoritários e até ditatoriais. Estes se caracterizam pela brutalidade nas relações sociais, a tortura e o desaparecimento de seus opositores. Era feita política de estado e seus líderes apresentam-se falsos, arrogantes e toscos na linguagem e nos comportamentos públicos.
O Brasil atual é dominado por um fascismo tardio com características nossas mas cujo miolo teórico é inegavelmente nazifascista. Dizemos que é um proto fascismo porque é tão fraco de propósito e desorientado teeoricamente que mesmo querendo não consegue se impor como um real fascismo. Mas excele em grosserias, fake news, mentiras deslavadas e perda quase total de sentido de realidade. Nosso “Führer/Duce”de araque afirma que o Brasil está em primeiro lugar no mundo no combate ao Corona-vírus quando no ranking internacional figura em último lugar. O ministro das relações exteriores, conhecido terraplanista, considera um louvor ser “pária internacional” e o afirma dentro do próprio prédio do Itamaraty para vergonha da memória de notáveis diplomatas e chanceleres.
Se há um poço em nossa história, encontramo-nos no mais profundo, embora o seu “Führer/Duce” tresloucado, acha que estamos no monte das bem-aventuranças. Todas as sombras de nossa história, os níveis de karma coletivo do genocídio indígena, de nossa fase colonial, da bruta escravidão e da dominação das classes argentárias que nunca tiveram um projeto de Brasil mas somente para si,com explícita exclusão do povo, a maioria empobrecida e marginalizada, ganharam densidade na atual administração. Sequer pode ser considerado de governo, pois não apresenta nenhum projeto nacional e atua conforme o humor de seu “chefe”. As constituições não funcionam, como se pretende, pois os piores crimes como os ecológicos (os incêndios de Amazônia e no Pantanal) e sociais (a matança de jovens, na maioria negros, nas periferias das grandes cidades, especialmente no Rio de Janeiro) e a humilhação sistemática de pessoas de outra opção afetiva como os LGBTI permanecem impunes e sequer investigados.
Notáveis juristas nacionais e internacionais apontaram dois tipos de crimes do atual chefe de estado: crimes de responsabilidade que embasaram dezenas de pedidos de impeachment a serem analisados e julgados pelo Parlamento; e outros dezenas de crimes comuns a serem acolhidos e julgados pelo STF em razão da imunidade da figura do presidente. Nenhum deles foi acolhido e analisado, para perplexidade da consciência cívica da nação e por descaso acerca dos destinos de todo um povo que não lhes importa desde que sejam assegurados seus privilégios monetários e de estado de que gozam à custa do erário público.
Os que mais deveriam se preocupar com a vida do povo como o STF e o MPF colocam a Constituição ou as leis diante dos olhos para assim não verem a realidade e se dispensarem de agir como deveriam. Poucas vezes em nossa história conhecemos tão vergonha omissão e leniência que se aproxima da cumplicidade.
Mas procuremos conhecer melhor esse nefasto modo proto fascismo de governar, conhecer suas origens e darmo-nos conta de sua versão tupiniquim e de araque entre nós. Ficamos entre o riso amargo e o escárneo.
O fascismo originário é uma derivação extremada do fundamentalismo que tem larga tradição em quase todas as culturas. S. Huntington em sua discutida obra Choque de civivlizações denuncia o Ocidente como um dos mais virulentos fundamentalistas e nas guerras exteriores com claros sinais de fascismo. Imagina que sua cultura é a melhor do mundo, possui a melhor religião, a única verdadeira, a melhor forma de governo, a democracia, a melhor tecno-ciência que mudou a face do planeta e que lhe conferiu a capacidade de destuir todos os seres humanos e parte da biosfera com suas armas letais. Quando o fujão ex-presidente Donald Trump afirma “America first” está entendendo “só a América” e o resto do mundo que se lasque.
Conhecemos o fundamentalismo islâmico e outros, também de grupos da Igreja Católica atual que ainda creem ser ela a única e exclusiva Igreja de Cristo, fora da qual não há salvação. Tal visão errônea medieval e superada oficialmente pelo Concílio Vaticano II (1962-1965) publicada de forma oficial pelo então Card. Joseph Ratzinger, depois Papa Bento XVI, num documento oficial do ano 2000 “Dominus Jesus”, humilhou todas as igrejas e abriu espaço para a satanização e até a perseguição de outras denominações cristas e não cristas. Graças a Deus temos o Papa Francisco, cheio de razoabilidade e de bom senso, que invalidou tais distorções e favoreceu o mútuo reconhecimento das igrejas, todas unidas, no serviço à humanidade e na salvaguarda do planeta seriamente ameaçado.
Todo aquele que pretende ser portador exclusivo da verdade está condenado a ser fundamentalista, com mentalidade fascistoide e fechar-se sobre si mesmo, sem diálogo com os outros.
Aqui vale recordar as palavras do grande poeta espanhol António Machado, vítima da ditadura de Francisco Franco na Espanha:”Não a tua verdade. Mas a verdade.Vem comigo buscá-la. A tua guarde-a para ti mesmo”. Se juntos a procurarmos, ela será então mais plena.
O fascismo nasceu e nasce dentro de um determinado contexto de anomia, de desordem social ede crise generalizada bem como estamos vivendo no Brasil e em outras partes do mundo, particularmente no Norte da África e no Oriente Médio. Desaparecem as certezas e as ordens estabelecidas se debilitam. A sociedade e os cidadãos têm dificuldade em viver em tal situação.
Cientistas sociais e historiadores como Eric Vögelin (Order and History, 1956; L. Götz, Entstehung der Ordnung 1954; Peter Berger, Rumor de Anjos: a sociedade moderna e redescoberta do sobrenatural,1973), mostraram que os seres humanos possuem um tendência natural para a ordem. Lá onde se assentam, criam logo uma ordem e o seu habitat. Quando esta desaparece, usa-se comumente a violência para impor certa ordem. O Leviatã de Thomas Hobbes de 1651 (ed. Vozes 2020) elaborou o arcabouço teórico desta urgência de ordem. Todos os impérios, desde aquele dos romanos até o russo e o atual norte-americano, mesmo sob Joe Biden, não ocultam sua excepcionalidade e se acercam ao Estado descrito por Hobbes, sempre alegando razões de segurança.
O nicho do fascismo encontra seu nascedouro nesta desordem. Assim o final da Primeira Guerra Mundial gerou um caos social, especialmente na Alemanha e na Itália. A saída foi a instauração de um sistema autoritário, de dominação que capturou a representação política, mediante um único partido de massa, hierarquicamente organizado, enquadrando todas as instâncias, a política, a econômica e a cultural numa única direção. Isso só foi possível mediante um chefe (Füher na Alemanha e o Ducce, na Itália) que organizaram um Estado corporativista autoritário e de terror.
Como legitimação simbólica cultuavam-se os mitos nacionais, os heróis do passado e as antigas tradições, geralmente num quadro de grandes liturgias políticas com a inculcação da ideia de uma regeneração nacional. Esta visão foi tão tentadora que chegou a iludir, por um curto tempo, o maior filósofo do século XX que foi Martin Heidegger e por isso feito reitor da Universidade de Friburgo i. B. Especialmente na Alemanha os seguidores de Hitler se investiram da convicção de que a raça alemã branca é “superior”às demais com o direito de submeter e até de eliminar as inferiores. Nos USA o supremacismo da raça branca encontra nessa visão seu embasamento prático. No Brasil a estratégia continua sendo perversa: destruir todo um passado seja na cultura, nas leis sociais e ambientais, seja nos costumes e implantar um regime com nítidos indicadores pre-iluministas, inspirados pelo lado escuro do mundo medieval encobrindo o lado luminoso das grandes catedrais, das geniais sumas teológicas de seus sábios e místicos.
A palavra fascismo foi usada pela primeira vez por Benito Mussolini em 1915 ao criar o grupo “Fasci d’Azione Revolucionaria”. Fascismo se deriva do feixe (fasci) de varas, fortemente amarradas, com um machado preso ao lado. Uma vara pode ser quebrada, um feixe, é quase impossível de fazê-lo. Em 1922/23 fundou o Partido Nacional Fascista que perdurou até sua derrocada em 1945. Na Alemanha se estabeleceu a partir de 1933 com Adolf Hitler que ao ser feito chanceler criou o Nacional-socialismo, o partido nazista que impôs ao país dura disciplina, vigilância e pavor.
O fascismo se apresentou como anticomunista, anticapitalista, como uma corporação que vai além das classes e cria uma totalidade social cerrada. A vigilância, a violência direta, o terror e o extermínio dos opositores são características do fascismo histórico de Mussolini e de Hitler e entre nós de Pinochet no Chile, de Videla na Argentina e do governo de Figueiredo e de Médici no Brasil.
O fascismo nunca desapareceu totalmente, pois sempre há grupos que, movidos por um arquétipo fundamental desintegrado da totalidade, buscam a ordem de qualquer forma. É o proto fascismo atual. Hoje no Brasil há uma figura mais hilária que ideológica que propõe o fascismo em nome do qual justifica a violência, a defesa da tortura e de torturadores, da homofobia e outras distorções sociais. Sempre em nome de uma ordem a ser forjada contra a pretensa desordem vigente, usando de violência simbólica e real.
O fascismo sempre foi criminal. Criou a Shoah (eliminação de milhões de judeus). Usou a violência como forma de se relacionar com a sociedade, por isso nunca pode nem poderá se consolidar por longo tempo. É a perversão maior da sociabilidade que pertence à essência do ser humano. No Brasil ganhou uma forma assassina e trágica: um governo que se opõe à vacina contra o Covid-19, estimula as conglomerações e ridiculariza o uso da máscara e, o que é pior, vê hilariamente mais de 218 mil vitimados pela pandemia, sem qualquer sentido de empatia pelos familiares e próximos, com quase dez milhões de afetados, como expressão criminosa de desprezo pela vida de seus compatriotas. Não só nada ou pouco faz, como impede e cria entraves para quem faz. Dada a omissão senão da cumplicidade das autoridades competentes que deveriam agir em termos de salvação nacional e não agem, nos levam a pensar na verdade deixada por Martin Heidegger em sua última entrevista sobre os riscos letais de nosso tipo de civilização:”Só um Deus nos poderá salvar” (nur noch ein Gott kann uns retten). Mas temos confiança de que o Brasil é maior e melhor do que seu atual algoz e por isso, vamos ainda viver, sobreviver e irradiar um futuro bom para nós e para a inteira humanidade. Cremos e esperamos.
Leonardo Boff teólogo, filósofo e escritor e publicou: Fundamentalismo e terrorismo:desafios para o século XXI, Vozes 2009; Brasil: concluir a refundação ou prolongar a dependência, Vozes 2018 e Covid-19: a Mãe Terra contra-ataca a humanidade, Vozes 2020/2021.

¿Es posible la fraternidad humana universal y con todas criaturas?II)
Leonardo Boff*
Hace dos años, en febrero de 2019, el Papa Francisco, cuando visitó los Emiratos Árabes, firmó en Abu Dahbi con el Gran Imán Al Azhar Ahmad Al-Tayyeb un importante documento “Sobre la fraternidad humana en pro de la paz y de la convivencia común”. Dando continuidad la ONU estableció el día 4 de febrero como el Día de la Fraternidad Humana.
Todos son esfuerzos generosos que buscan si no eliminar, al menos minimizar las profundas divisiones que imperan en la humanidad. Ansiar una fraternidad universal parece un sueño distante, pero siempre anhelado.
El gran obstáculo a la fraternidad: la voluntad de poder
El eje estructurador de las sociedades mundiales y de nuestro tipo de civilización, ya lo escribimos anteriormente, es la voluntad de poder como dominación.
No hay declaraciones sobre la unidad de la especie humana y de la fraternidad universal, tal como la más conocida Declaración Universal de los Derechos Humanos de la ONU de 1948, enriquecida con los derechos de la naturaleza y de la Tierra, que consigan imponer límites a la voracidad del poder. Bien lo entendió Thomas Hobbes en su Leviatán (1615 cap X):
«Señalo, como tendencia general de todos los hombres, un perpetuo e inquieto deseo de poder y más poder, que sólo cesa con la muerte; la razón de esto radica en el hecho de que no se puede garantizar el poder sino es buscando todavía más poder».
Jesús fue víctima de ese poder y fue asesinado judicialmente en la cruz. Nuestra cultura moderna se ha apoderado de la muerte, ya que con la máquina de exterminio total creada puede eliminar la vida en la Tierra y a sí misma. ¿Cómo controlar el demonio del poder que nos habita? ¿Dónde encontrar el remedio?
Renuncia a todo poder por la humildad radical
Aquí san Francisco nos abre un camino: la humildad radical y la total sencillez. La humildad radical implica ponerse junto al humus, en la tierra, donde todos nos encontramos y nos hacemos hermanos y hermanas porque todos venimos del mismo humus.
El camino para eso consiste en bajar del pedestal en el que nos colocamos como amos y señores de la naturaleza y realizar un despojamiento radical de todo título de superioridad. Consiste en hacerse realmente pobre, en el sentido de quitar todo lo que se interpone entre el otro y yo. Ahí se esconden los inter-eses. Estos no pueden prevalecer, pues son trabas para el encuentro con el otro cara a cara, mirándose a los ojos, con las manos abiertas para el abrazo fraterno entre hermanos y hermanas, por distintos que sean.
La pobreza no es ningún ascetismo. Es el modo que nos hace descubrir la fraternidad, juntos sobre el mismo humus, sobre la hermana y madre Tierra. Cuanto más pobre, más hermano del Sol, de la Luna, del pobre, del animal, del agua, de la nube y de las estrellas.
Francisco recorrió humildemente esta senda. No negó los oscuros orígenes de nuestra existencia, el humus (de donde viene homo en latín) y de esta forma confraternizó con todos los seres, llamándolos con el dulce nombre de hermanos y hermanas, hasta al feroz lobo de Gubbio.
Otro tipo de presencia en el mundo
Se trata de tener una nueva presencia en el mundo y en la sociedad, no como quien se cree la cumbre de la creación y está por encima de todos, sino como quien está al pie y junto a los demás seres. Por esta fraternidad universal, el más humilde encuentra su dignidad y su alegría de ser por sentirse acogido y respetado y por tener garantizado su lugar en el conjunto de los seres.
Leclerc obstinadamente plantea siempre de nuevo la pregunta como quien no está totalmente convencido: «¿Será posible la fraternidad entre los seres humanos?» Y él mismo responde: Solamente si el ser humano se coloca a símismo con gran humildad entre las criaturas, dentro de la unidad de la creación (que incluye al ser humano y lanaturaleza como un todo), respetando todas las formas de vida, incluso las más humildes, podrá esperar un día formar una verdadera fraternidad con todos sus semejantes. La fraternidad humana pasa por esta fraternidad cósmica» (p.93).
La fraternidad viene acompañada de la sencillez
Esta no es una actitud exagerada ni excesiva. Se trata de un modo de ser que aparta todo lo que es superfluo, todo tipo de cosas que vamos acumulando, que nos hacen rehenes de ellas y crean desigualdades y barreras con respectoa los otros, negándonos a convivir solidariamente con ellos, y nos lleva a contentarnos con lo suficiente y a compartir con los demás.
Este camino no fue fácil para Francisco. Se sentía responsable del camino de la pobreza radical y de la fraternidad. Al crecer el número de seguidores, por miles, se imponía una organización mínima. Había bellos ejemplos en el pasado. Francisco le tenía verdadera ojeriza a eso. Llegó a decir: «no me hablen de las reglas de San Agustín, de San Benito o de San Bernardo; Dios quiso que yo fuese un nuevo loco en este mundo (novellus pazzus)». Es la clara afirmación de la singularidad de su modo de vida y de su estar en el mundo y en la Iglesia, como un simple laico que toma absolutamente en serio el evangelio en medio y con los pobres e invisibles, y no como un clérigo de la poderosa Iglesia feudal.
La gran tentación de san Francisco de Asís
Sin embargo, en un momento dado de su vida entra en una crisis profunda, pues veía que su camino evangélico de pobreza radical y de fraternidad le estaba siendo arrebatado.
Afligido, se retira a una ermita en el bosque durante dos largos años, acompañado de su íntimo amigo fray León “la ovejita de Dios”. Es la gran tentación, a la que las biografías dan poca relevancia, pero es esencial para entender la propuesta de vida de Francisco.
Por fin, se despoja de ese instinto de posesión espiritual. Acepta un camino que no es el suyo pero que es inevitable. ¿Dónde dormirían los frailes? ¿Cómo se sostendrían? Prefiere salvar la fraternidad a salvar su propio ideal. Acoge jovialmente la férrea lógica de la necesidad. Ya no pretende nada más. Se despoja totalmente, incluso de sus deseos más íntimos, hasta el punto de que su biógrafo san Buenaventura lo llama vir desideriorum (hombre de deseos).
Ahora, totalmente despojado en su espíritu, se deja conducir por Dios. El Espíritu será el señor de su destino. Él mismo ya no se propone nada más. Está a merced de aquello que la vida le va pidiendo, viéndola como voluntad de Dios. Siente en eso la mayor libertad de espíritu posible, que se expresa por una alegría permanente hasta el punto de que le llaman “el hermano siempre alegre”. Él no ocupa ya el centro. El centro es la vida conducida por Dios. Y eso basta.
Regresa entre los cofrades y recupera la jovialidad y la plena alegría de vivir, pero, siguiendo la llamada del Espíritu, como en los primeros tiempos, vuelve a convivir con los leprosos, a los que llama “mis cristos” en profunda comunión fraterna. Jamás abandona la profunda comunión con la hermana y Madre Tierra. Cuando va a morir, pide que lo coloquen desnudo sobre la Tierra para la última caricia y total comunión con ella.
La unidad de la creación: todos hermanos y hermanas, los humanos y la naturaleza
Francisco buscó incansablemente la unidad de la creación mediante la fraternidad universal, unidad que incluye a seres humanos y seres de la naturaleza. Todo comienza con la fraternidad con todas las criaturas, amándolas y respetándolas. Si no cultivamos esta fraternidad con ellas, la fraternidad humana pasa a ser meramente retórica y continuamente violada.
Curiosamente, el famoso antropólogo Claude Lévy Strauss, que enseñó e investigó en Brasil durante muchos años y aprendió a amarlo (véase su libro Saudade de Brasil), confrontado con la crisis aterradora de nuestra cultura, sugiere el mismo remedio que san Francisco: «el punto de partida debe ser una humildad principal: respetar todas las formas de vida… preocuparse del ser humano sin preocuparse de las otras formas de vida es, queramos o no, llevar a la humanidad a oprimirse a sí misma, abrirle el camino de la auto-opresión y de la auto-explotación» (Le Monde 21-22 de enero de 1999). Frente a las amenazas planetarias afirmó también: «La Tierra surgió sin el ser humano y podrá continuar sin el ser humano».
Volvamos a nuestro momento histórico: el confinamiento social nos ha creado condiciones involuntarias para plantearnos esta cuestión fundamental: ¿Qué es esencial, la vida o el lucro? ¿el cuidado de la naturaleza o su explotación ilimitada? ¿Qué Tierra queremos, finalmente? ¿Y qué Casa Común queremos habitar? ¿Solo con nosotros, los seres humanos, o con todos los hermanos y hermanas de la gran comunidad de vida, realizando la unidad de la creación?
El Papa durante la pandemia se tomó un tiempo para reflexionar sobre esta cuestión del momento. La expresó en términos graves, casi desesperanzados en la Fratelli tutti aunque, como hombre de fe, mantiene y reafirma siempre la esperanza.
El superviviente del campo de exterminio nazi, Éloi Leclerc, la replanteó de forma existencial y permanentemente angustiada, pero con signos de esperanza dentro de los frecuentes sobresaltos causados por la memoria imborrable de los horrores sufridos en los campos de exterminio nazi.
Si no puede ser un estado, la fraternidad puede ser un nuevo tipo de presencia en el mundo
Francisco vivió en términos personales la fraternidad universal. Pero en términos globales, fracasó. Tuvo que hacer concesiones a la orden y al poder. Y lo hizo sin amargura, reconociendo y acogiendo su inevitabilidad. Es la tensión permanente entre el carisma y el poder. El poder es un componente de la esencia del ser humano social. El poder no es una cosa (como el estado, el presidente, la policía), sino una relación entre personas y cosas. Al mismo tiempo asume la forma de una instancia de dirección social. Sin embargo, debemos calificar la relación y la dirección. ¿Están ambas al servicio del bien de todos, o de grupos y entonces se revela como exclusión y dominación? Para evitar ese modo (el demonio que lo habita) prevalente en la modernidad, el poder debe estar siempre bajo control, ser pensado y vivido a partir del carisma. Este representa un límite al poder para garantizar su carácter de servicio a la vida y al bien de todos, y evitar la tentación de la dominación y del despotismo. El carisma es siempre creativo y pone en jaque al poder establecido.
Respondiendo a la pregunta de si es posible una fraternidad universal, diría: dentro del mundo en que vivimos bajo el imperio del poder-dominación sobre las personas, las naciones y la naturaleza, aquella está siempre inviabilizada y hasta negada. Por aquí no hay camino.
Sin embargo, si no puede ser vivida como un estado permanente, puede realizarse como espíritu, como una nueva presencia y un modo ser que intenta comprometer todas las relaciones, incluso dentro del orden actual que es un desorden. Pero esto solo es posible a condición de que cada persona sea humilde, se sitúe junto al otro y a la altura de naturaleza, supere las desigualdades y vea un hermano y una hermana en cada uno, situados en el mismo humus terrenal donde están nuestros orígenes comunes y sobre el cual convivimos.
El tiempo de san Francisco es nuestro tiempo
Francisco de Asís, en el marco problemático de su tiempo, el ocaso del feudalismo y el alborear de las comunas, mostró la posibilidad real de, al menos a nivel personal, crear una fraternidad sin límites. Pero su impulso lo llevaba más lejos: crear una fraternidad global al unir los dos mundos de entonces: el mundo musulmán del sultán egipcio Al Malik al-Kamil, con quien cultivó una gran amistad, y el mundo cristiano bajo el pontificado de Inocencio III, el más poderoso de la historia de la Iglesia. De esta forma realizaría su mayor sueño: una fraternidad realmente universal, en la unidad de la creación, confraternizando el ser humano con otros seres humanos, aun de religiones tan distintas, pero unidos con todos los demás seres de la creación.
Este espíritu, en el contexto de las fuerzas destructivas del antropoceno y del necroceno reinantes, se enfrenta a una situación totalmente distinta de aquella vivida por Francisco de Asís. En ella no se cuestionaba si la Tierra y la naturaleza tenían o no futuro. Se suponía que todo esto estaba garantizado. Ocurrió lo mismo en la gran crisis económico-financiera de 1929 e incluso en la de 2008. Nadie planteaba la cuestión de los límites de la Tierra y de sus bienes y servicios no renovables.
Era una suposición dada como evidente, pues para todos ella era como un baúl lleno de recursos ilimitados, base para un crecimiento también ilimitado. En la Laudato Si el Papa llama a esta concepción, “mentira”(n.106). Hoy ya no es así. Todo esto se desvaneció, pues sabemos que nosotros podemos hacer tambalear y destruir las bases físicas, químicas y ecológicas que sustentan la vida.
El espíritu de fraternidad como exigencia para la continuidad de nuestra vida en el planeta
No estamos ante una opción que podemos asumir o no, sino ante una exigencia para la continuidad de nuestra vida en este planeta. Nos encontramos en una situación que amenaza nuestra especie y nuestra civilización. La Covid-19 que está afectando a toda la humanidad debe ser interpretada como una señal de la Madre Tierra de que no podemos continuar con la dominación y devastación de todo lo que existe y vive. O hacemos, como advierte el Papa Francisco de Roma a la luz del espíritu y de un nuevo modo de ser en el mundo de Francisco de Asís, “una radical conversión ecológica” (n.5) o ponemos en peligro nuestro futuro como especie: “Las previsiones catastróficas ya no se pueden mirar con desprecio e ironía. Nuestro estilo de vida y nuestro consumismo insostenibles solo pueden desembocar en catástrofes” (Laudato Si n.161). En la Frateli tutti es más contundente: “Estamos en el mismo barco, nadie se salva solo, solo podemos salvarnos juntos” (n.32). Se trata de una última carta para la humanidad.
El surgimiento de las condiciones para una fraternidad universal
Y he aquí que surge una nueva alternativa posible, pues la historia no es rectilínea. Conoce rupturas y saltos. Así estaríamos ante un salto en el estado de conciencia de la humanidad. Puede llegar un momento en que ella se vuelva plenamente consciente de que puede autodestruirse, ya sea por una fenomenal crisis ecológica, social y sanitaria (atacada por virus letales) o por una guerra nuclear.
Entenderá que es preferible vivir fraternalmente en la misma Casa Común que entregarse a un suicidio colectivo. Se verá obligada a convencerse de que la solución más sensata y sabia consiste en cuidar la única Casa Común, la Tierra, viviendo todos dentro de ella, como hermanos y hermanas, la naturaleza incluida. Con toda seguridad la humanidad no está condenada a autodestruirse, ni por voluntad del poder-dominación ni por el aparato bélico capaz de eliminar toda la vida. Está llamada a desarrollar las incontables potencialidades que hay dentro de ella, como un momento avanzado de la cosmogénesis. No estoy solo en esta apuesta. La hacen muchos científicos, como por ejemplo, Jacques Attali en su libro Breve historia del futuro (París 2006) y el famoso cosmólogo Brian Swimme en Journey of the Universe (Yale University, 2012) entre otros tantos.
Entonces será un dato de la conciencia colectiva aquello que las encíclicas Laudato Si y Fratelli tutti repiten de principio a fin: todos estamos relacionados unos con otros, todos somos interdependientes y solo sobreviviremos juntos. Todo será relacional, también las empresas, generando un equilibrio general asentado sobre el amor social, el sentido de pertenencia fraterna, el altruismo, la solidaridad y el cuidado común de todas las cosas comunes (agua, alimentación, vivienda, seguridad, libertad y cultura etc).
Todos se sentirán ciudadanos del mundo y miembros activos de sus comunidades. Habrá un gobierno planetario plural (de hombres y mujeres, representantes de todos los países y culturas) que buscará soluciones globales a losproblemas globales. Prevalecerá una hiperdemocracia terrenal. La gran misión colectiva es construir la Tierra, como ya anunciaba Pierre Teilhard de Chardin en el desierto de Gobi de China en los años de 1933. Asistiremos alsurgimiento lento y sostenible de la noosfera, es decir, de las mentes y los corazones sintonizados dentro del único planeta Tierra. Este es nuestro acto de fe. Ahora se darán las condiciones del sueño de Francisco de Asís y de Francisco de Roma: una real fraternidad humana, un verdadero amor social con los demás hermanos y hermanas de la naturaleza.
Nos corresponde a nosotros como personas y como colectividad pensar y repensar con la mayor seriedad, plantearnos y replantearnos esta cuestión: Dentro de esta situación cambiada de la Tierra y de la humanidad, y de las amenazas que pesan sobre ellas, no es un puro sueño y una utopía inviable buscar un espíritu de fraternidad universal entre los humanos y con todos los seres de la naturaleza y realizarlo colectivamente. Esta será la gran salida que nos podrá salvar. El Papa Francisco cree y espera que este sea el camino. Puede ser tortuoso, conocer obstáculos y sufrir desvíos, pero sigue el rumbo correcto. Nos urge responder, pues el tiempo del reloj corre en contra nuestra.
O acogemos la propuesta de la figura más inspiradora do Occidente, el humilde Francisco de Asís, como lo llamaTomás Kempis, autor de la Imitación de Cristo, retomada en la Fratelli tutti por Francisco de Roma, y repensadapor Leclerc y Lévy Strauss, o puede que recorramos el camino que recorrieron los dinosaurios hace 67 millones de años. Pero creemos que este no es el destino de la humanidad.
Solo nos queda recorrer este camino de la fraternidad universal y del amor social porque entonces podremos continuar, bajo la luz bienhechora del sol, sobre este pequeño planeta, azul y blanco, la Tierra, nuestro querido hogar y Casa Común. Scripsi et salvavi animam meam.
*Leonardo Boff es ecoteólogo brasilero y ha escrito: Covid-19: contraataque de la Tierra contra la humanidad(Petrópolis-Río, 2020/21).
Traducción de M.ª José Gavito Milano
