Potremmo morire se non ascoltiamo i messaggi provenienti dalla Terra

Leonardo Boff

La consapevolezza che la Terra sia viva possiede l’ascendenza più alta. Era chiamata Magna Mater, Nana, Pachamama, Tonanzin e attualmente Gaia, un Super-organismo che articola sistematicamente tutti gli elementi fisico-chimici ed energetici che permettono e sostengono la vita. Il 22 aprile 2009 l’ONU ha formalizzato all’unanimità la nomenclatura Madre Terra, riconoscendo che si tratta di un’Entità viva, portatrice di diritti, con cui dobbiamo trattare con gli stessi predicati con i quali trattiamo le nostre madri: con rispetto, con cura e con venerazione. Poi si è ufficializzata l’espressione Casa Comune, coinvolgendo gli esseri umani e tutta la natura. Ciò è stato chiarito nella Carta della Terra del 2000, nella quale si affermava: “La Terra, la nostra casa, è viva e ospita un’unica comunità vivente” (Preambolo). Papa Francesco nell’enciclica Laudato Sì: sulla cura della Casa Comune (2015) nell’assumere questa espressione – Casa Comune – ha contribuito alla sua universalizzazione.

In quanto è una realtà vivente, la Terra è continuamente in azione e re-azione. Ci invia eventi che sono messaggi da ascoltare e decifrare. L’essere umano quando si sentiva ancora di più parte della natura, in quella porzione della Terra che aveva raggiunto un alto grado di complessità al punto da cominciare a sentire, a pensare, a volere, a prendersi cura e a venerare, disponeva di tutte le condizioni per captare i messaggi e la capacità di decifrarli. In parole povere: l’essere umano capiva i segni dell’atmosfera e sapeva se avrebbe piovuto o fatto bel tempo; osservando gli alberi, le loro foglie e i fiori, sapeva quali frutti essi avrebbero prodotto. E così in tanti altri casi. Questo ascolto della Terra e della natura e la decifrazione dei loro segnali è presente ancora oggi nei popoli originari che padroneggiano il codice di lettura del mondo circostante e cosmico.

Abbiamo scoperto che in epoca moderna si è verificata una grande svolta, specialmente con i padri fondatori del nostro paradigma vigente, fondato sulla volontà di potenza e di dominio. Loro hanno trattato la Terra come una mera res extensa, una realtà senza scopo, una specie di scrigno di risorse naturali a disposizione del piacere umano. Ascoltare le voci della Terra, i suoi gemiti e i suoi sussurri, “sentire le stelle”, si diceva, è cosa da poeti o un tributo all’antico animismo.

Il modo moderno di vedere la Terra ha trasformato la conoscenza scientifica in un’operazione tecnica (il sapere è potere secondo Francis Bacon), un processo di dominio di tutte le sfere della natura e della vita. Ma lo si è gestito senza la dovuta attenzione di chi ascolta avendo riguardo dei messaggi. Al contrario, si sono fatte orecchie da mercante, sfruttando praticamente tutte le virtualità dei biomi, degradandoli. I reclami della Magna Mater sono rimasti impercettibili, in fondo perché ascoltarli? Non appariva lui come il suo proprietario e signore (maître et possesseur di René Descartes)? Così ha perso il codice per leggere il mondo.

È questa la situazione predominante del nostro mondo trasformato dalla tecno-scienza. Abbiamo udito mille voci e rumori prodotti dalla nostra cultura tecnico-scientifica. Non prestiamo attenzione alle voci della natura e della Terra. Queste voci adesso sono gemiti e grida di una vita ferita e crocifissa. Alle nostre aggressioni secolari, che l’hanno spogliata di tutto, senza badare agli effetti collaterali pericolosi e addirittura malefici, ha risposto con messaggi sotto forma di tsunami, terremoti, tifoni, tornadi, inondazioni devastanti, bufere di neve mai viste prima, in una parola, con eventi estremi. Poiché non ascoltiamo i messaggi contenuti in tali eventi, ci ha inviato altri segnali potenti che hanno toccato direttamente le nostre vite: l’immensa gamma di batteri e virus, dalla semplice influenza, all’HIV, all’Ebola fino al culmine con il Coronavirus. Quest’ultimo ha colpito solo gli esseri umani e ha risparmiato gli altri organismi viventi. Tutti si sono mobilitati per trovare un antidoto, i diversi vaccini. Pochi si sono chiesti da dove provenisse il Covid-19. Esso è venuto dalla natura in cui l’intervento utilitaristico dell’uomo ha distrutto l’habitat di questi microrganismi. Questi ne hanno cercato un altro, venendo ad installarsi nelle nostre celle. Invisibile, ha messo in ginocchio e reso impotenti tutte le potenze militariste, le loro bombe nucleari e chimiche.

Perché affermo ciò? Perché non abbiamo imparato nulla dalla lezione che la Terra e la natura ci hanno voluto dare attraverso il Covid-19. L’isolamento sociale che ha imposto, avrebbe dovuto servire come occasione per riflettere su ciò che abbiamo fatto finora con il sistema-vita e sul tipo di mondo in cui vogliamo abitare. Il fatto è che passata la grande minaccia collettiva, siamo ritornati furiosamente alla vecchia normalità, continuando con la depredazione della natura e quindi con la distruzione degli habitat dei microrganismi. Abbiamo inaugurato una nuova era, l’antropocene.

Gli eventi accaduti nel 2023 e nel 2024, come le grandi inondazioni nel mondo intero e nel sud del nostro paese [il Brasile], gli incendi devastanti in molti paesi, le guerre ad alta letalità (poiché Terra e umanità formiamo un’unica e complessa Entità, osservata dagli astronauti – l’Overview Effect), le perverse disuguaglianze sociali a livello mondiale e, tra gli altri segnali, il grande allarme – una vera meteora radente – dell’inarrestabile riscaldamento globale, rappresentano i messaggi che la Terra e la natura ci stanno inviando. Sono pochissimi quelli che li ascoltano e li interpretano. Predominano il negazionismo, la sordità collettiva e il non sapere cosciente perché ostacolano l’accumulazione sfrenata a scapito delle vite umane e della natura.

Se non ci fermiamo e non ci poniamo umilmente in ascolto, leggendo i messaggi inviati dalla natura e dalla Madre Terra e collettivamente non cambiamo rotta, si realizzerà quello che Papa Francesco ha profeticamente avvertito nella sua enciclica Fratelli tutti (2020): “siamo sulla stessa barca , o ci salviamo tutti, o nessuno si salva”. Questa volta non esiste l’Arca di Noè che preservi i rappresentanti del mondo vivente e lasci perire gli altri. Tutti stiamo, inconsciamente e irresponsabilmente, avvicinandoci all’abisso nel quale possiamo precipitare.

Sarà un esito sinistro perché non abbiamo aperto le nostre orecchie e trascurato di interpretare i segnali che la natura e la Madre Terra ci hanno gridato, supplicandoci una radicale conversione ecologica e la definizione di un altro cammino di civiltà. Quella attuale ci conduce irrimediabilmente ad una tragica fine. E così ci uniremmo alle migliaia di organismi viventi che, incapaci di adattarsi ai cambiamenti, hanno finito per scomparire. La Terra, tuttavia, continuerebbe ad esistere, ma senza di noi.

Poiché l’impensabile e l’inaspettato appartengono alla storia, tutto potrà essere differente. Come diceva un filosofo pre-socratico: se non ci aspettiamo l’inaspettato e questo può succedere, allora saremo tutti perduti. Allora stiamo attenti all’inaspettato. Nella nostra speranza, ciò può accadere.

Leonardo Boff ha scritto: Abitare la Terra,Castelvecchi,Roma 2021;La Terra è nelle nostre mani, Edizione Terra Santa, Milano 2017

(traduzione dal portoghese di Gianni Alioti)

Wir können zugrunde gehen, wenn wir nicht auf die Botschaften der Erde hören    

Leonardo Boff

Das Bewusstsein, dass die Erde lebendig ist, hat die höchste Abstammung. Sie wurde Magna Mater, Nana, Pachamama, Tonanzin und jetzt Gaia genannt, ein Superorganismus, der alle physikalisch-chemischen und energetischen Elemente, die Leben ermöglichen und erhalten, systemisch artikuliert. Am 22. April 2009 hat die UNO einstimmig die Bezeichnung Mutter Erde offiziell gemacht und damit anerkannt, dass es sich um eine lebende Entität mit Rechten handelt, die wir mit denselben Prädikaten behandeln sollten wie unsere Mütter: mit Respekt, Fürsorge und Verehrung. Dann wurde der Begriff Gemeinsames Haus offiziell gemacht, der den Menschen und die gesamte Natur einschließt. Dies wurde in der Erdcharta aus dem Jahr 2000 deutlich gemacht, in der es heißt: „Die Erde, unser Zuhause, ist eine einzigartige Lebensgemeinschaft“ (Präambel). Papst Franziskus hat in seiner Enzyklika Laudato Sì: Über die Sorge für unser gemeinsames Haus (2015) durch die Übernahme dieses Ausdrucks – Gemeinsames Haus – zu dessen Universalisierung beigetragen.

Als lebendige Realität ist die Erde ständig in Aktion und Re-Aktion. Der Mensch, der sich als Teil der Natur fühlte – mehr noch, selbst als Teil der Erde, der einen so hohen Grad an Komplexität erreicht hatte, dass er zu fühlen, zu denken, zu wollen, zu pflegen und zu verehren begann, all das der Mensch ist, hatte alle Voraussetzungen, um Botschaften aufzufangen und zu entschlüsseln. Einfacher ausgedrückt: Der Mensch verstand die Zeichen der Atmosphäre und wusste, ob es regnen oder schönes Wetter werden würde; er sah sich die Bäume, ihre Blätter und Blüten an und wusste, welche essbare Früchte sie hervorbringen würden. Und so weiter und so fort. Dieses Hören auf die Erde und die Natur und das Entschlüsseln ihrer Zeichen ist auch heute noch bei den Naturvölkern vorhanden, wie im Amazoniengebiet und woanders, die den Code zum Lesen der sie umgebenden und kosmischen Welt beherrschen.

Es hat sich herausgestellt, dass es in der Neuzeit eine große Wende gegeben hat, vor allem bei den Gründervätern unseres heutigen, auf Macht- und Herrschaftsstreben basierenden Paradigmas. Sie behandelten die Erde als bloße res extensa, als eine einfache und lebenlose und zweckfreie Realität, als eine Art Schatztruhe natürlicher Ressourcen, die dem menschlichen Vergnügen zur Verfügung steht. Den Stimmen der Erde zu lauschen, ihrem Stöhnen und Flüstern, „den Sternen zu lauschen“, wie man zu sagen pflegte, ist der Stoff, aus dem die Dichter oder der alte Animismus sind.

Die moderne Sichtweise auf die Erde hat die wissenschaftliche Erkenntnis in eine technische Operation verwandelt (Wissen ist Macht nach Francis Bacon), in einen Prozess der Beherrschung aller Bereiche der Natur und des Lebens. Aber sie hat dies getan, ohne die nötige Sorgfalt walten zu lassen, um den Botschaften aufmerksam zuzuhören. Im Gegenteil, sie hat sich taub gestellt, indem sie praktisch das gesamte Potenzial der Biome ausbeutete und sie degradierte. Die Rufe der Magna Mater verhallten ungehört, denn warum sollte man auf sie hören? Tritt sie nicht als ihr Herr und Meister auf (René Descartes’maître et possesseur )? So verlor der Mensch seinen Code, um die Welt zu lesen.

Das ist die vorherrschende Situation in unserer von der Technikwissenschaft veränderten Welt. Wir hören tausend Stimmen und Geräusche, die von unserer technisch-wissenschaftlichen Kultur erzeugt werden. Wir hören nicht auf die Stimmen der Natur und der Erde. Diese aktuellen Stimmen sind das Stöhnen und Schreien eines verwundeten und gekreuzigten Lebens. Auf unsere jahrhundertealten Aggressionen, die ihr alles entreißen, ohne die gefährlichen und sogar schädlichen Nebenwirkungen zu beachten, hat sie mit Botschaften in Form von Tsunamis, Erdbeben, Taifunen, Tornados, verheerenden Überschwemmungen, Schneestürmen, die es nie zuvor gegeben hat, mit einem Wort, mit extremen Ereignissen geantwortet. Da wir nicht auf die in solchen Ereignissen enthaltenen Botschaften hören, hat sie uns andere starke Signale gesendet, die unser Leben direkt berührt haben: die immense Bandbreite an Bakterien und Viren, von der einfachen Grippe über HIV und Ebola bis hin zum Coronavirus. Dies betraf nur den Menschen, andere Lebewesen blieben verschont. Alle wurden mobilisiert, um ein Gegenmittel zu finden, die verschiedenen Impfstoffe. Nur wenige fragten sich, woher das Covid-19 kam. Es kam aus der Natur, in der unser utilitaristischer Eingriff den Lebensraum dieser Mikroorganismen zerstörte. Sie suchten sich einen anderen und ließen sich in unseren Zellen nieder. Unsichtbar hat es alle militaristischen Mächte mit ihren Atom- und Chemiebomben in die Knie gezwungen und machtlos gemacht.

Warum sage ich das? Weil wir aus der Lektion, die uns die Erde und die Natur mit Covid-19 erteilen wollten, nichts gelernt haben. Die soziale Isolation, die sie uns auferlegt hat, hätte als Gelegenheit gedient, darüber nachzudenken, was wir bisher aus dem Lebenssystem gemacht haben und in welcher Art von Welt wir leben wollen. Tatsache ist, dass wir, nachdem die große kollektive Bedrohung vorüber ist, mit Wucht zur alten Normalität zurückkehren und den Raubbau an der Natur und damit die Zerstörung der Lebensräume der Mikroorganismen fortsetzen. Wir haben ein neues Zeitalter, das Anthropozän, eingeläutet, wie die Wissenschaftler uns lehren.

Die Ereignisse der Jahre 2023 und 2024, wie die großen Überschwemmungen auf der ganzen Welt und im Süden Brasiliens, die verheerenden Brände in vielen Ländern, die äußerst tödlichen Kriege (weil die Erde und die Menschheit eine einzige, komplexe Einheit bilden, die von den Astronauten beobachtet wurde – der Überblickseffekt), die perversen sozialen Ungleichheiten weltweit und der große Alarm, ein echter Meteoriteneinschlag, die unaufhaltsame globale Erwärmung, sind neben anderen Zeichen Botschaften, die uns die Erde und die Natur senden. Nur wenige hören zu und interpretieren sie. Verleugnung, kollektive Taubheit und bewusstes Nichtwissen herrschen vor, weil sie der ungezügelten Akkumulation auf Kosten von Menschenleben und Natur im Wege stehen.

Wenn wir nicht innehalten und demütig die Botschaften der Natur und von Mutter Erde hören und lesen und gemeinsam den Kurs ändern, wird wahr, was Papst Franziskus in seiner Enzyklika Fratelli tutti (2020) prophetisch warnte: „Wir sitzen im selben Boot, entweder wir retten uns alle oder keiner rettet sich“. Diesmal gibt es keine Arche Noah, die Vertreter der lebendigen Welt bewahrt und den Rest untergehen lässt. Vielleicht nähern wir uns alle, unbewusst und unverantwortlich, dem Abgrund, in den wir stürzen könnten.

Es wird ein unheilvolles Ergebnis sein, weil wir unsere Ohren nicht geöffnet und es versäumt haben, die Zeichen zu deuten, die die Natur und Mutter Erde uns zurufen und die für eine radikale ökologische Umkehr und die Festlegung eines anderen Zivilisationsweges plädieren. Der derzeitige Weg führt uns unwiderlegbar in ein tragisches Ende. Damit würden wir uns den Tausenden von Lebewesen anschließen, die sich nicht an die Veränderungen anpassen konnten und schließlich verschwunden sind. Die Erde jedoch würde ohne uns weiterleben.

Da das Undenkbare und Unerwartete zur Geschichte gehört, könnte alles anders sein. Wie ein vorsokratischer Philosoph zu sagen pflegte: Wenn wir nicht mit dem Unerwartete rechnen und es tritt ein, dann sind wir alle verloren. Seien wir also wachsam gegenüber dem Unerwarteten. In unserer Hoffnung und aktivem Zutun, dass wir es noch abwenden können.

Leonardo Boff  schrieb: Cuidar da Casa Comum:pistas para evitar o fim do mundo, Vozes 2024.

Del buen uso de la razón cordial y sensible

      Leonardo Boff*

En la crisis actual que afecta al planeta entero de manera peligrosa, pues podría desembocar en la tercera guerra mundial, que pondría en peligro la biosfera y la vida humana, debemos recuperar aquello que podría cambiar el rumbo de la historia.

Comparto la interpretación que sustenta que el estado actual del mundo deriva de por lo menos dos grandes injusticias: una social, con la generación por un lado de desigualdades sociales perversas y, por el otro, una acumulación de riqueza como jamás ha habido en la historia hasta el punto de que 8 personas (no empresas) tienen más riqueza que más de la mitad de la población mundial. La otra es la injusticia ecológica: el planeta Tierra con sus biomas está siendo  depredado desde hace siglos hasta el punto de que necesitamos más de una Tierra y media para atender el consumo humano, especialmente el de los países consumistas del Norte Global.

La reacción de Gaia, la Tierra, como Super-Organismo vivo, se muestra por una gama significativa de virus y por el calentamiento creciente, probablemente irreversible, que causa huracanes, ciclones y tornados altamente destructivos, que amenazan la biodiversidad, a los niños y a las personas mayores, incapaces de adaptarse y condenados a morir.

Retomo el tema: esta tragedia ecosocial es fruto de un tipo de razón que degeneró en racionalismo (despotismo de la razón) y se tradujo en técnicas, por un lado benéficas para nuestra vida moderna y por el otro tan mortales que pueden destruir todo lo que hemos construido en milenios de historia, amenazando las bases ecológicas que sustentan el sistema-vida.

Ella tuvo su origen en Occidente, en el pasado, hacia el siglo Vº a.C, con el cambio del pensamiento mítico al pensamiento racional de los maestros griegos. Inicialmente se mantenía un gran equilibrio entre los principales elementos existenciales: el Pathos (capacidad de sentir), el Logos (forma de comprender lo real), el Ethos (nuestra forma de bien vivir y convivir), el Eros (nuestra potencia de vida) y el Daimon (la voz de la conciencia).

Ese ideal fue expresado excelentemente por Pericles (495-429 a.C), gran estadista democrático, general, orador eximio, en Atenas: “Amamos lo bello, pero no lo vulgar; nos dedicamos a la sabiduría, pero sin vanagloria; usamos la riqueza para emprendimientos necesarios, sin ostentaciones inútiles; la pobreza no es vergonzosa para nadie; lo vergonzoso es no hacer lo posible para evitarla”.

He aquí un ejemplo de la justa medida. No sin razón en todos los pórticos de los templos griegos podía leerse: “méden ágan” (nada en exceso).

Pero pronto, el hambre de poder, característica de Alejandro Magno (356-323 a.C), aquel que con 33 años de edad extendió su imperio hasta la India, rompió el equilibrio. La razón, transformada en voluntad de poder e instrumento de dominación de los otros y de la naturaleza ganó la primacía. Es lo que subyace todavía en el modo actual de organizar nuestras sociedades, especialmente su forma más excesiva y deshumana, el capitalismo, domina todo el orbe. Ese tipo de razón instrumental-analítica de occidental se ha vuelto global. ¿Podría ser diferente? ¿Era inevitable? Lo que podemos decir es que fue una opción histórico-social, nuestro “destino manifiesto”, hoy en una crisis radical de sus fundamentos.

Quiero dar el ejemplo de una cultura que colocó el corazón y no la razón, como eje estructurador de su organización social: la cultura náhuatl de México y de América Central (hoy son cerca de 3,3 millones de habitantes), siendo de esta etnia los aztecas y los toltecas. La lengua náhuatl es hablada en varios estados mexicanos por 1,6 millones de personas. Para los nahuatl el corazón ocupa la centralidad. Su definición de ser humano no es, como entre nosotros, la de un animal racional, sino “el dueño de un rostro y de un corazón”.

El tipo de rostro identifica y  distingue al ser humano de otros rostros. En el rostro a rostro, en el cara a cara, nace el imperativo ético, nos enseñó Levinas. En el rostro está estampado si acogemos al otro, si desconfiamos de él, si lo excluimos. El corazón, a su vez, define el modo-de-ser y el carácter de la persona, la sensibilidad frente a otro, la acogida cordial y la compasión con quien sufre.

La educación refinada de los náhuatl, conservada en bellísimos textos, buscaba formar en los jóvenes un “rostro claro, bondadoso y sin sombras”, aliado a un “corazón firme y caluroso, determinado y hospitalario, solidario y respetuoso de las cosas sagradas”. Según ellos, del corazón nace la religión que utiliza “la flor y el canto” para venerar a sus divinidades. Ponen corazón en todas las cosas que hacen. Esa cor-dialidad pasaba a sus bellísimas obras de arte al punto de encantar al pintor renacentista alemán Alberto Durero al contemplarlas.

Saquemos algumas lecciones de esta cultura del corazón y de la cor-dialidad.

1. Pon corazón en todo lo que pienses y hagas. Hablar sin corazón suena frío y formal. Las palabras dichas con el corazón tocan el corazón de las personas. Esto facilita la comprensión y conquista adhesión.

2. Busca junto al raciocinio articulado poner emoción cordial. No la fuerces porque ella debe revelar espontáneamente la convicción profunda en lo que se cree y se dice. Solo así conmueve el corazón del otro y se hace convincente.

3. La inteligencia intelectual, indispensable para organizar nuestras sociedades complejas, cuando reprime la inteligencia cordial genera una percepción reduccionista y parcial de la realidad. Pero también un exceso de inteligencia cordial y sensible puede derivar en un  sentimentalismo edulcorado y en proclamas populistas. Es importante buscar siempre la justa medida entre mente y corazón, articulando los dos polos a partir del corazón.

4. Cuando tengas que hablar a un auditorio o a un grupo, no hables solo a partir de la cabeza, da primacía a tu corazón. Él siente y hace vibrar. Las razones de la inteligencia intelectual son eficaces cuando vienen amalgamadas con la sensibilidad del corazón.

5. Creer no es pensar en Dios. Creer es sentir a Dios desde la totalidad de nuestro ser, empezando por el interior, por el corazón. Entonces nos damos cuenta de que no estamos sometidos a un Juez severo sino a una Realidad amorosa y poderosa que invita a convivir y que siempre nos acompaña.

Leonardo Boff escrebió Derechos del corazón, Dabar,Mexico 2016. 

Do bom uso da razão cordial e sensível

Leonardo Boff

Face à crise atual que afeta  o inteiro planeta de forma perigosa pois pode desembocar na terceira guerra mundial que poria em risco a biosfera e a vida humana, devemos resgatar o que poderia mudar o rumo da história.

Comungo da interpretação  que sustenta ser o atual estado do mundo deriva de, pelo menos duas grandes injustiças: uma social com a geração, por um lado, de uma desigualdade sociais perversas e, por outro, de uma acumulação de riqueza como jamais houve há história a ponto de 8 pessoas (não empresas) deterem mais riqueza que mais da metade da população mundial. A outra é a injustiça ecológica: o planeta Terra com seus biomas está sendo, há séculos, depredado a ponto de que precisamos de mais de uma Terra e meia para atender o consumo humano,preferencialmente dos países consumistas do Norte Global.

A reação de Gaia, a Terra  como Super-Organism vivo, se mostra por uma gama significativa de vírus e pelo a aquecimento crescente, provavelmente irreversível,  que causa tufões, ciclones e tornados altamente destrutivos, ameaçando a biodiversidade, crianças e idosos, incapazes de se adaptar e condenados a morrer.

Retomo o tema: esta tragédia eco-social é fruto da razão que degenerou  em racionalismo (despotismo da razão) e se traduziu em técnicas, por um lado benéficas à nossa vida moderna e por outro tão mortal que pode destruir tudo o que temos construído em milênios de história, ameaçando as bases ecológicas que sustentam o sistema-vida.

Ela teve origem lá no passado, pelo século Vº a.C, da virada do pensamento mítico para o pensamento racional dos mestres gregos. Inicialmente mantinha-se grande equilíbrio entre todos os principais eixos existenciais: do Pathos (capacidade de sentir), do  Logos (forma de compreender o real), o Ethos (nossa forma de bem viver e conviver), do Eros (nossa potência de vida) e do Daimon (a voz da consciência).

Esse ideal foi excelemente expresso por Péericles (495-429 a.C),grande estadista democrático, general, exímio orador, em Atenas:”Amamos o belo mas não o vulgar; dedicamo-os à sabedoria, mas sem vanglória; usamos a riqueza para empreendimentos necessários, sem ostentações inúteis; a pobreza não é vergonhosa para ninguém; vergonhoso é não se fazer o possível para evitá-la”.

Eis um exemplo da justa medida. Não sem razão em todos os pórticos dos templos gregos, podia-se ler: “méden ágan”(nada de excessivo).

Mas logo, a fome de poder, característica de Alexandre,o Grande (356-323 a.C), aquele que com 33 anos de idade estendeu seu império até à Índia, rompeu o equilíbrio. A razão, transformada em vontade de poder e de instrumento de dominação dos outros e da natureza ganhou a primazia. É o que ainda subjaz ao atual modo de organizarmos nossas sociedades, especialmente, a sua forma mais excessiva e desumana, o capitalismo que tomou conta de todo o orbe. Poderia ser diferente? Era inevitável? O que podemos dizer é que foi uma opção histórico-social, o nosso “destino manifesto”, hoje numa radical crise de seus fundamentos.

Quero dar o exemplo de uma cultura que colocou o coração e não a razão, como eixo estruturador de sua organização social: cultura náuatle do México e da América Central, (hoje são cerca de 3,3 milhões de habitantes), sendo desta etnia os aztecas e toltecas. Para os nauatles o coração ocupava a centralidade. A definição de ser humano não é, como entre nós, a de um animal racional, mas a de um “dono de um rosto e de um coração”.

O tipo de rosto  identifica e  distingue o ser humano de outros seres humanos. No rosto a rosto, no cara a cara, nasce o sentimento ético, nos ensinou Levinas.  No rosto fica estampado se o acolhemos,  se dele desconfiamos, se o excluímos. O coração, por sua vez,  define o modo-de-ser e o caráter da pessoa, a sensibilidade face ao outro  a acolhida cordial e a compaixão com quem sofre.

A educação refinada dos náuatles, conservada  em belíssimos textos, visava formar nos jovens um “rosto claro, bondoso e sem sombras”, aliado a um “coração  firme e caloroso, determinado e hospitaleiro, solidário e respeitoso das coisas sagradas”. Segundo eles, era do coração que nascia a religião que utilizava “a flor e o canto” para venerar suas divindades. Colocavam coração em todas as coisas que faziam. Essa cor-dialidade passava às belíssimas obras de arte a ponto de encantar o pintor renascentista alemão Albert Dürer ao contemplá-las.

Tiremos algumas lições desta cultura do coração e da cor-dialidade.

1.Em tudo o que pensar e fizer coloque coração. A fala sem coração soa fria e formal. Palavras ditas com coração tocam o coração das pessoas. É isso que facilita a compreensão e conquista a adesão.

2.Procure junto com o raciocínio articulado colocar a emoção cordial. Não a force porque ela deve espontaneamente revelar a profunda convicção naquilo que crê e diz. Só assim comove o  coração do outro  e se faz convincente.

3.A inteligência intelectual,indispensável para organizar nossas sociedades complexas, quando recalca a inteligência cordial gera uma percepção   reducionista e distanciada da realidade. Mas também o excesso da inteligência cordial e sensível pode decair para o sentimentalismo adocicado e para proclamas populistas. Importa sempre buscar a justa medida entre mente e coração mas articulando os dois polos a partir do coração.

4.Quando tiver que falar a um auditório ou a um grupo, não fale só a partir da cabeça mas dê primazia ao coração. É ele que sente, vibra e faz vibrar. Só são eficazes as razões da inteligência intelectual quando elas vêm amalgamadas pela sensibilidade do coração.

5.Crer não é pensar Deus. Crer é sentir Deus a partir da totalidade de nosso ser,começando pelo interior, pelo  coração. Então nos damos conta de que não estamos submetido a um Deus julgador, mas um Realidade amorosa e poderosa que sempre nos acompanha.