Leonardo Boff
Esistono attualmente diversi modelli etici che cercano di affrontare le questioni suscitate dalla complessità della vita contemporanea nel processo di unificazione planetaria, nonostante lo smantellamento del processo di globalizzazione economica perpetrato da Donald Trump, nell’interesse di un mondo unipolare, guidato dagli USA.
Alcuni modelli provengono dal passato, dalla tradizione aristotelico-tomista, assunti come riferimento teorico da un’istituzione importante come la Chiesa cattolica, fondata primariamente attorno al tema della giustizia, della sussidiarietà e dell’equità. Altri sono stati sviluppati nell’ambito della modernità, come l’etica kantiana del dovere. Oppure a partire dalla tradizione rivoluzionaria di stampo marxista-socialista, che enfatizza l’uguaglianza e la solidarietà. Altri sono elaborazioni recenti, come l’eco-socialismo democratico, tipico delle società complesse, in vista di pratiche sociali, tecnico-scientifiche ed ecologiche, che mettono in risalto il tema della responsabilità personale e collettiva, il rispetto del principio di precauzione, il riconoscimento dei diritti della natura e della Terra.
Tutti questi sistemi sono in qualche modo presenti nel nostro spazio culturale, corroborano la creazione di una pre-comprensione etica e costituiscono un fondo di riserva storica per ulteriori discussioni ed elaborazioni etiche.
Prendendo in considerazione tutta questa diligenza storica sul tema dell’etica, esiste ancora una corrente che segna il discorso etico da un punto all’altro e su cui siamo stati coscientizzati dal movimento femminista mondiale. Le femministe ci dicono che ci sono due porte d’accesso al discorso etico: la porta dell’uomo, attraverso la figura del padre e la porta della donna, attraverso la figura della madre.
È chiaro che, a partire dal Neolitico, viviamo ancora nell’era del padre e del patriarca. L’etica prevalente è stata formulata nel linguaggio dell’uomo che occupa lo spazio pubblico e detiene il potere. Egli si esprime attraverso principi, imperativi, norme, ordini e principalmente attraverso lo Stato di diritto con le sue istituzioni e culmina nel tema della giustizia. Usa come strumento di costruzione il logos, la ragione nelle sue varie forme.
La porta della donna è stata quasi del tutto silenziata o nemmeno è stata aperta del tutto. Si esprime attraverso l’affetto, la ricettività, le relazioni, l’estetica e la spiritualità e culmina con il tema della cura. Lo strumento di costruzione è il pathos o l’Eros, cioè la ragione sensibile o cordiale.
Effettivamente esiste un’esperienza di vita propria della donna e un’altra propria dell’uomo. Sebbene l’uomo e la donna siano reciproci, non sono riducibili l’uno all’altro, poiché presentano singolarità che emergono in tutti i campi, anche nei discorsi etici.
Oggi è tempo di avere un’esperienza etica più integrativa, che superi la peculiarità dell’etica maschile e che valorizzi i contributi che provengono dall’etica femminile. L’uomo e la donna insieme (animus/anima) permettono un’esperienza più ricca e totale dell’essere umano.
Pertanto, insieme alla voce della giustizia è importante ascoltare anche la voce della cura. Alcuni filosofi nordamericani hanno lavorato in modo approfondito su questo tema: Carol Gilligan (1982), Nel Noddings (2000), Annete C. Baier (1995) e M. Mayeroff (1971). Tra noi in Brasile spicca l’intera opera di Vera Regina Waldow (1993, 1998, 2006). Noi stessi in Saber cuidar (1994) indichiamo le dimensioni del maschile (lavoro) e del femminile (cura) come fondatrici di modi di esistere e di vivere eticamente.
Tuttavia, conviene chiarire fin da subito che le questioni della giustizia e della cura non sono di esclusiva competenza dell’uomo o della donna. L’uomo e la donna sono solo porte d’accesso. Entrambi costituiscono l’essere umano, maschile e femminile. Per questo motivo il maschile non può essere identificato con l’uomo e ridotto a lui solo. Allo stesso modo il femminile, con la donna. Entrambi sono portatori della dimensione dell’animus e della dimensione anima, in altre parole del femminile e del maschile contemporaneamente, ma ciascuno in modo diverso e singolare (Boff-Muraro 2002).
Quindi, la cura (femminile) riguarda l’uomo, così come la giustizia (maschile) riguarda la donna. Entrambi, a modo loro, realizzano la giustizia e la cura, anche se la giustizia acquisisce maggiore visibilità negli uomini, che ne sono quindi i principali promotori, e la cura acquisisce maggiore densità nelle donne, che ne sono quindi le principali portatrici (Gilligan, 1982,2).
In ragione di questa inclusione, le filosofe femministe insistono nel dire che il tema della cura e rispettivamente della giustizia non sono temi di genere, bensì questioni che riguardano la totalità dell’essere umano (Noddings 1984).
Oggi, di fronte al generale clamore ecologico, giustizia e cura, uomo e donna devono, come mai prima nella storia, darsi la mano e camminare insieme, contribuendo ciascuno a contrastare le minacce che gravano sulla vita sul pianeta Terra. Abbiamo bisogno di giustizia sociale di fronte all’immenso numero di persone povere e miserabili e di giustizia ecologica di fronte all’aggressione sistematica che il nostro modello di produzione industriale/consumistico pratica contro la natura e gli eco-sistemi.
Allo stesso tempo, dobbiamo prenderci cura dei milioni di persone che sono afflitte e relegate ai margini, in termini di relazioni rispettose, salute e inclusione sociale. È altrettanto urgente prendersi cura della Terra ferita e preservare i beni e i servizi naturali che garantiscono la nostra sopravvivenza su questo pianeta.
Spetta alla nostra generazione e a quelle future, prendere coscienza dell’importanza della cooperazione tra uomo (animus) e donna (anima), per non essere insieme gli ultimi a salvare la vita sul pianeta Terra. Giustizia e cura ci possono garantire che avremo ancora un futuro.
Leonardo Boff ha scritto Saber cuidar: ética do humano-compaixão pela Terra, Vozes 2000.
(Traduzione dal portoghese di Gianni Alioti)