La crisi brasiliana nasce dalla crisi globale

Impossibile analizzare il Brasile partendo soltanto dal Brasile. Nessun paese sta fuori dalla connessione internazionale, nemmeno la chiusa Corea del Nord, che la pianetarizzazione inevitabilmente ha creato. Inoltre il nostro paese è la sesta economia del mondo, cosa che risveglia l’avidità delle grandi corporazioni che vorrebbero stabilirsi qui, non per aiutare il nostro sviluppo attraverso l’inclusione, ma per accumulare ricchezza su ricchezza, data l’stensione del nostro mercato interno e la super abbondanza di commodities e di beni e servizi naturali, sempre più necessarie per sostenere il consumismo dei paesi opulenti.
Tre nomi da ricordare, nomi di studiosi che hanno configurato il quadro attuale dell’economia e della politica mondiale. Il primo è senza dubbio Karl Polaniy che già nel 1944 notò “la grande trasformazione” che stava avvenendo nel mondo. Da una economia di mercato stavamo passando a una società di mercato. Vale a dire tutto è commercializzabile, perfino le cose più sacre. Possiamo trarre vantaggio con qualsiasi cosa. Marx nel su libro “Miseria della filosofia” chiamò grande corruzione e venalità generale. Per fino gli organi umani, la verità, la coscienza , cioè si trasformarono in occasione di guadagno. Tutto è fatto secondo la logica del capitale, che è la concorrenza e non la solidarietà, il che rende le società una contro l’altra in lotte feroci tre le imprese.
È necessario ricordare altri nomi: Margareth Tachter e Ronald Reagan. Come conseguenza della dissoluzione del socialismo reale, entrò, vittorioso, il capitalismo senza freni, necessari per il contenimento del modo di produzione socialista. Adesso il capitalismo può vivere tranquillo la sua logica individualista, accumulatrice e consumista. Thatcher non si smentiva quando affermava che la società non esiste. Esistono individui che lottano per se stessi contro tutti. Reagan sostenne la libertà totale del mercato, e la diminuzione dei poteri dello Stato, il processo di privatizzazione dei beni nazionali. Era il trionfo del neoliberismo.
Una metafora. La tavola è apparecchiata. Gli arricchiti occupano i primi posti e si strafogano. Gli altri trovano un posticino in qualche parte della tavola. Ma stanno ancora a tavola. Con il neoliberismo, la tavola è apparecchiata. Ma possono soltanto partecipare se hanno i soldi per pagare. I rimanenti lottano per aprirsi uno spazio insieme ai cani e mangiando gli avanzi.
Questa politica neoliberista diffusa nel mondo intero, ha dato libero corso alle grandi corporazioni con licenza di poter accumulare ricchezza il più possibile. Il motto di Wall Street era e continua ad essere “greed is good”, (l’avidità è buona). Tale volontà di accumulazione ha fatto sì che un piccolo numero di persone controllasse gran parte della ricchezza mondiale, creando un mare di poveri, miserabili e affamati. Siccome la cultura del capitale non conosce né compassione né solidarietà ma soltanto la competizione e la supremazia del più forte, ha creato un mondo con un livello di barbarie raramente raggiunto nel corso della storia.
Dal mio punto di vista, il capitalismo come modo di produzione e la sua ideologia politica, il neoliberismo, hanno raggiunto il loro scopo, in un doppio senso.
Hanno ottenuto il loro scopo oggettivo, l’accumulazione suprema. E anche il limite supremo e la loro scomparsa. Non perché lo vogliamo noi, ma perché la Terra ha precisi limiti quanto a beni e servizi, frutto di energia in gran parte non rinnovabile, e così non riesce a soddisfare il progetto illimitato in direzione del futuro. La terra stessa diventerà un progetto impossibile. O cambia il modo di produzione e di consumo oppure sarà condannata a sparire. Siccome non possiede un sentimento di appartenenza e tratta la natura come cosa esclusivamente da sfruttare senza controlli, seguirà un cammino senza ritorno, mettendo a rischio il sistema-vita e la stessa Casa Comune che potrebbe diventare inabitabile.
Ora, negli sprofondi teorici dei nostri neoliberisti brasiliani, coloro che hanno fatto un golpe e hanno elaborato “un ponte sopra il futuro” (per il fallimento) vengono educati senza un minimo di coscienza e di critica, con questo sogno cattivo neoliberista. Vogliono un Brasile solo per loro, oppure una provincia secondaria aggregata e dipendente dal grande impero del capitale. Ecco la nostra rovina e la nostra disgrazia. Essi prolungano la dipendenza e la logica coloniale.
Un paese che stava iniziando a dare i primi passi in direzione della sua rifondazione, su altre basi, valori e principi, con gli occhi aperti e le mani occupate in politiche di sviluppo umano con inclusione sociale è stato vergognosamente abortito. Qui risiede la nostra vera crisi che sorpassa tutte le istanze.
Ma quello che deve essere possiede forza. E anche così crediamo e speriamo che supereremo questa traversata dolorosissima verso la grande maggioranza, insomma verso tutti brilleremo ancora. Ha cantato il poeta in tempi bui come il nostro “è buio ma io canto”. Io, imitandolo, dico: “in mezzo alle incertezze ancora sogniamo e questo sogno è piacevole e anticipa un mondo generoso”.

*Leonardo Boff è filosofo e teologo, ha scritto Brasil: concluir a refundaçao ou prolongar a dependencia, Vozes 2018.

Traduzione di Romano Baraglia e Lidia Arato.

3 comentários sobre “La crisi brasiliana nasce dalla crisi globale

  1. Republicou isso em Paulosisinno's Bloge comentado:
    Impossibile analizzare il Brasile partendo soltanto dal Brasile. Nessun paese sta fuori dalla connessione internazionale, nemmeno la chiusa Corea del Nord, che la pianetarizzazione inevitabilmente ha creato. Inoltre il nostro paese è la sesta economia del mondo, cosa che risveglia l’avidità delle grandi corporazioni che vorrebbero stabilirsi qui, non per aiutare il nostro sviluppo attraverso l’inclusione, ma per accumulare ricchezza su ricchezza, data l’stensione del nostro mercato interno e la super abbondanza di commodities e di beni e servizi naturali, sempre più necessarie per sostenere il consumismo dei paesi opulenti.
    Tre nomi da ricordare, nomi di studiosi che hanno configurato il quadro attuale dell’economia e della politica mondiale. Il primo è senza dubbio Karl Polaniy che già nel 1944 notò “la grande trasformazione” che stava avvenendo nel mondo. Da una economia di mercato stavamo passando a una società di mercato. Vale a dire tutto è commercializzabile, perfino le cose più sacre. Possiamo trarre vantaggio con qualsiasi cosa. Marx nel su libro “Miseria della filosofia” chiamò grande corruzione e venalità generale. Per fino gli organi umani, la verità, la coscienza , cioè si trasformarono in occasione di guadagno. Tutto è fatto secondo la logica del capitale, che è la concorrenza e non la solidarietà, il che rende le società una contro l’altra in lotte feroci tre le imprese.

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